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Cambi “non manuali”: perché chiamarli solo “automatici”? La storia e la tecnica

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Sembrano ormai lontani i tempi in cui i cambi automatici erano acerrimi nemici di prestazioni, risparmio di carburante e sportività di guida; eppure sono passati solo pochi anni, un solo decennio per la precisione, decennio in cui l’evoluzione tecnologica dei cambi “non manuali” ha fatto passi da gigante. Gli ormai obsoleti cambi ad “effetto autobus” sono solo un antico ricordo ed hanno lasciato spazio a veri e propri gioielli tecnologici in grado non solo di garantire ma addirittura di esaltare tutte le prestazioni di una vettura. I cambi “non manuali” moderni riescono infatti a cambiare meglio e prima, a ridurre il consumo di carburante e sono in grado di regalare esperienze di guida superiori di oggi. Tuttavia molti italiani ritengono ancora l’automatico un cambio poco sportivo, un cambio che penalizza il cuore sportivo di una vettura. Perché in Italia c’è ancora questa concezione? Perché l’automatico viene ancora molto spesso snobbato? Analizziamo insieme questo affascinante mondo “automatico” esaminando le varie tipologie di cambi “non manuali” in commercio. Tengo a specificare “non manuali” poiché denominarli solamente automatici lo ritengo riduttivo ed obsoleto. Perché? Scopriamolo insieme.

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Cambio Automatico Tradizionale: la nascita e le evoluzioni

Presentato negli anni ’50 su alcuni modelli Ford, General Motors e Chrysler, il cambio automatico diventa in breve tempo un elemento fondamentale per tutti gli automobilisti statunitensi. Caratterizzato da un convertitore di coppia, al posto di una classica frizione, il cambio automatico, è estremamente più complesso di un normale cambio manuale a causa della sua costruzione (è infatti un cambio idraulico a convertitore di coppia e rotismi epicicloidali) risulta spesso più pesante, costoso ed ingombrante di un classico manuale. Ma come funziona un classico cambio automatico a convertitore di coppia? Il convertitore di coppia è in pratica l’equivalente della frizione ed il suo compito è creare un accoppiamento, tra propulsore e cambio stesso. Chiunque abbia guidato un’auto automatica si sarà sicuramente reso conto della differenza sostanziale tra automatico e manuale: i condizioni di guida “tranquilla” le cambiate avvengono ad un regime inferiore, piuttosto se si preme a fondo il gas il cambio automatico alza il regime di cambiata; premendo a fondo l’acceleratore il cambio automatico effettua inoltre il kick-down: la trasmissione passa automaticamente al rapporto inferiore e consente così riprese più pronte e decise.

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Il cambio automatico tradizionale si presenta quindi come una trasmissione estremamente semplice da gestire (al contrario è molto complesso da realizzare): a differenza di un cambio meccanico non troviamo infatti la classica leva selettrice ad H: la leva selettrice di un automatico è sequenziale (verticale in linea) e caratterizzata da posizioni fisse denominate P (parcheggio), R (retromarcia), N (folle) e D (drive = marcia). Inoltre spesso (adesso non più presenti a causa dell’introduzione della funzione di cambiata manuale)  sono presenti altre 2 – 3 posizioni che consentono di selezionare e mantenere dei rapporti fissi: queste posizioni sono identificabili con in numeri 2, 3, 4. Tali numeri permettono al guidatore di impedire all’automatico di inserire rapporti non desiderati e consentono di restare “al massimo” nel rapporto desiderato: una vettura in cui la marcia è inserita in posizione 2 potrà infatti inserire solo la 1° e la 2° (e mai un rapporto superiore): ciò risulta fondamentale per alcune circostanze stradali difficili come le discese ripide e pericolose.

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Schema cambio ad H

1990, nasce lo ZF Tiptronic. Il cambio automatico si evolve e arriva il controllo Manuale

All’inizio degli anni ’90 Porsche, consapevole dell’importanza dell’automatico ma al contempo conscia della sua limitazione in una guida sportiva, introduce un’innovazione tecnica di assoluto rilievo, innovazione che dopo 20 anni risulta alla base del successo delle trasmissioni moderne: la possibilità di cambiare la marce manualmente. Tutte le auto più prestigiose e sportive, secondo Porsche, devono infatti permettere al guidatore di poter inserire liberamente i rapporti manualmente (specialmente durante un uso sportivo in pista) e per questo motivo chiede a ZF di progettare un nuovo tipo di trasmissione che risponda a tali requisiti: nasce il Tiptronic, cambio che nel 1990 equipaggerà la potente 911, cambio che associa ad classico automatico la libertà di poter selezionare manualmente il rapporto desiderato con (tuttavia) la supervisione dell’elettronica.

Il Porsche Tiptronic, semplicemente spostando la leva selettrice in posizione M (manuale), permette di, tramite piccoli colpi avanti e indietro, aumentare il rapporto e scalare marcia. Il Tiptronic è considerato il capostipite dei cambi automatici – sequenziali moderni ed ha inequivocabilmente spianato la strada ad un’evoluzione sostanziale che ha permesso alle case di progettare cambi automatici multi-rapporto ed in grado di cambiare marcia in pochissimi millesimi di secondo. Andiamo quindi ad esaminare quali sono i cambi automatici – sequenziali più diffusi e/o prestazionali in commercio.

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CVT: cambio automatico a variazione continua

Il CVT, Continuously Variable Transmission (Trasmissione Continuamente Variabile) è il cambio automatico più vecchio della storia, più vecchio addirittura dei motori e della benzina. Si, avete letto bene; a schematizzare infatti il primo cambio CVT fu infatti il genio di Leonardo da Vinci, Leonardo che in uno dei suoi tanti schemi aveva pensato un meccanismo in grado di variare velocità, un meccanismo che solo tanti secoli dopo avrebbe trovato il suo giusto impego. Il CVT è un cambio a variazione continua utilizzato moltissimo nel settore 2 ruote: il CVT infatti equipaggia tutti gli scooter in commercio, è un cambio privo di ingranaggi che sfrutta unicamente una cinghia e due pulegge, una di ingresso denominata motrice ed una di uscita chiamata condotta.

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CVT: vantaggi e svantaggi

Rispetto a un tradizionale cambio automatico, il CVT è formato da molti meno particolari e risulta di conseguenza più semplice e meno oneroso da realizzare.  Proprio come accade per gli scooter, anche per le auto, il CVT è formato da pulegge in grado di muoversi continuamente e di variare momento dopo momento il diametro delle gole (puleggia di ingresso e condotta) su cui si avvolge la cinghia. Infatti nel momento in cui una puleggia (supponiamo la condotta) aumenta il proprio diametro, l’altra (quella di ingresso) lo riduce della medesima misura. La cinghia non è quindi mai troppo tesa o lenta. Per semplificare ancora di più il concetto basta pensare al cambio di una bicicletta: il rapporto di trasmissione cambia in base alle marce inserite al pedale o alla ruota.

 

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Come si ripercuote tutto ciò alla guida? Al volante di un’auto CVT non è avvertibile il cambio di rapporto; il motore si porta subito al regime giusto (in base alla potenza richiesta da chi guida), e si stabilizza, la velocità sale fluidamente senza scossoni, al solo variare del rapporto di trasmissione. L’altro lato della medaglia, quello negativo, è il rumore: non è presente il classico urlo in allungo, bensì un effetto scooter tipo frizione che slitta. Tuttavia il CVT permette, grazie all’estrema fluidità di marcia e alla possibilità di disporre di un rapporto ideale per qualsiasi situazione di utilizzo della vettura di viaggiare con il miglior regime, a tutto vantaggio per i consumi.

I cambi automatici CVT di ultima generazione permettono anche un utilizzo manuale: ciò è reso possibile dall’ elettronica, elettronica che comandando le pulegge ne cambia la dimesione. La variazione non sarà quindi più continua ma fissa, proprio come accade per un cambio classico.Tra i cambi CVT più famosi troviamo il cambio Honda, il Selecta (Fiat Uno e Panda), il CVT Nissan ed il Multitronic Audi.

I cambi robotizzati e a doppia frizione

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Audi S-tronic (DSG)

Il cambio Robotizzato

Il cambio robotizzato fu introdotto nel lontano 1988 da Ferrari sulla propria vettura impiegata nel campionato mondiale di Formula 1. Riscosse si da subito enorme successo a causa della possibilità di cambiare la marce senza dover staccare le mani dal volante; il cambio di marcia viene attuato tirando 2 levette poste dietro il volante (una a destra ed una sinistra) in grado di far salire e di scalare i rapporti. Il cambio robotizzato non è tuttavia un cambio automatico, bensì un’evoluzione sostanziale di un comune cambio manuale. Base di partenza di questo progetto è infatti è un cambio meccanico manuale, in cui aste e cavi, necessari per cambiare i rapporti sono sostituiti da componenti idraulici o elettrici (attuatori), che, comandano tutte le operazioni necessarie a cambiare marcia. Il robotizzato inoltre esclude la presenza di frizione rendendo così possibile il cambio marcia senza dover alzare il piede dal gas.

Viste le sue origini (F1) il cambio robotizzato ottenne sin da subito estrema notorietà e sportività, tanto da essere proposti da svariate case come optional per i loro modelli più sportivi e pregiati. Tuttavia, i robotizzati di allora non assicuravano ancora le prestazioni garantite da un manuale; Perché? Rispetto ad un classico cambio ad H un robotizzato è un cambio sequenziale, cambio in cui cioè tutti i rapporti devono necessariamente essere inseriti in sequenza. Come accade infatti per le moto, i cambi robotizzati non possono passare ad esempio dalla 5° alla 2° direttamente ma devono per forza passare anche 4° e 3°. Un esempio di cambio robotizzato manuale a controllo elettronico è il cambio BMW SMG (Sequenzielles M Getriebe), meccanico 6 rapporti, con frizione robotizzata (quini no pedale ) gestita “by wire”, senza cioè alcun collegamento meccanico.

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Si evolve l’elettronica e diminuisce il tempo di cambiata

Nei primi anni ’90 l’elettronica non risultava sicuramente evoluta come oggi e di conseguenza la gestione di un sequenziale robotizzato ne era penalizzata. La centralina ha infatti l’onere di eseguire l’intera sequenza di operazioni adatte ad effettuare un corretto cambio marcia: diminuire il gas, aprire la frizione, inserire la marcia, chiudere la frizione e riportare il motore a regime. Sempre la centralina è responsabile del controllo della marcia prescelta, della posizione di acceleratore e freno, dei giri del motore ed del controllo del fuorigiri, (per evitare che venga inserito un rapporto non adatto).

Ottimo per ridurre il consumo di carburante

Automatizzare un cambio manuale risulta ottimale per abbassare il consumo di carburante: è infatti l’elettronica a gestire il momento giusto e, non essendoci la presenza di un oneroso (in termini di consumo) convertitore di coppia, il robotizzato risulta estremamente idoneo per le auto a basso impatto ambientale. Non a caso Volkswagen per la Lupo 3L TDI, grazie ad un’elettronica ottimizzata riusciva già nel 1998 a percorrere ben 30 Km con un solo litro di carburante. In un classico uso quotidiano i robotizzati non riescono a competere con automatici e CVT, in quanto il confort di guida risulta penalizzato dai cambi marcia non proprio “comodi”.Ma allora tutte quelle prestazioni sportive promesse? Il cambio robotizzato ha trovato campo non solo sulle auto piccole a basso consumo ma anche sulle supercar sportive e veloci. Sono infatti robotizzati i cambi Ferrari F1, Lamborghini E-gear, cambi che grazie ad un’elettronica evoluta riescono ad assicurare performance elevate e tempi di cambiata estremamente ridotti (100 millisecondi).

Cambio a Doppia Frizione

Considerato da molti la vera rivoluzione degli anni 2000 (anche se il progetto risale a molto prima) il cambio a doppia frizione fu introdotto sul mercato nel 2003 dal gruppo Volkswagen – Audi su Golf R32 e Audi TT 3.2. Il suo nome è conosciuto a molti, stiamo parlando del DSG. Tengo a precisare che DSG è un marchio VW, in realtà il doppia frizione è identificabile come DCT (Dual Clutch Transmission) e ad oggi sono molteplici le sigle e denominazioni: da alcuni anni infatti tutte le case automobilistiche si sono cimentate nei “doppia frizione”.

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Porsche Doppia Frizione PDK

Come nasce il DSG

Il DSG (acronimo di Direct Shift Gearbox) nasce da un’idea di un ingegnere francese, tale Andolphe Kégresse (siamo nel lontano 1939) che desiderava inserire questo tipo di trasmissione sulla Citroën Traction. La 2° Guerra Mondiale e la mancanza di fondi impedirono però lo sviluppo del progetto, progetto che rimase in un cassetto sino al 1984 anno in cui i tecnici Porsche ripresero l’idea e la denominarono PDK (Porsche Dual Klutch). Il PDK andò quindi ad equipaggiare due vetture da competizione, la 956 e la 962 C. La prima vittoria arrivo nel 1986, anno in cui una 962 PDK si aggiudicò la 1000 Kilometri di Monza. Anche Audi, ci provò ed equipaggiò la sua potente Audi S1 con un cambio a doppia frizione vincendo la celeberrima Pikes Peak (corsa in salita americana) del 1985.

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Elettronica evoluta

Come per gli altri cugini “automatici” anche per il DSG l’elettronica è stata decisiva: all’interno del cambio troviamo infatti 2 frizioni concentriche che comandano, l’una le marce pari, l’altra le marce dispari. Il DSG consente quindi di avere sempre 2 marce pronte: la frizione interna trasmette il moto alla 2°, 4° e 6° marcia mentre la frizione esterna, si occupa della 1°, 3° e 5° marcia (anche la retromarcia). Come consente il DSG la selezione delle marce. Tutte le operazioni ma effettuate da un sistema idraulico controllato elettronicamente, sistema che permette simultaneamente la trasmissione del moto e l’inserimento di un altro rapporto oltre a quello in uso. Mentre infatti la 1° frizione è innestata (immaginiamo in 3°), l’altra frizione resta aperta con la 4° già selezionata ma non attiva. Al momento del cambio marcia sarà quindi necessario solamente aprire la frizione (3°) e contemporaneamente, chiudere la frizione in 4°, sempre naturalmente con gas premuto. Tutto questo equivale ad un cambio di marcia velocissimo (solo il tempo di aprire e chiudere le frizioni) nell’ordine 20 centesimi di secondo.

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Nato per la guida sportiva

Il cambio a doppia frizione è nato quindi esclusivamente per assicurare performance superiori a qualsiasi cambio manuale: non a caso quasi tutti i modelli equipaggiati con DSG (S-tronic per Audi) siglano tempi di accelerazione (0-100 km/h) inferiori di 2-3 decimi in meno rispetto alle rispettive versioni manuali. Ciò è reso possibile perché il motore rimane sempre connesso alla trasmissione (ad ogni cambiata) permettendo un’accelerazione continua, costante, priva di interruzioni; allo stesso tempo il DSG permette tuttavia un elevato confort ed una guida rilassata. Ultilizzando il cambio in S (Sport) le cambiate diventano più secche e avvengono al massimo numero dei giri, assicurando così un superiore divertimento durante una guida sportiva. E il consumo di carburante? Benissimo, i consumi sono minori di un manuale.

 

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Test VW Golf GTI DSG vs 6 Speed

 

Come lo chiamano le varie case

  • Volkswagen – Audi – Seat – Skoda – lo chiamano DSG
  • Fiat – AlfaRomeo – Lancia lo chiamano DDCT – TCT
  • Ford – Volvo – Chrysler – Powershift
  • BMW – DCT o Drivelogic
  • Porsche – PDK
  • Peugeot – Dual Clutch
  • Renault – DDC
  • Mercedes – AMG SPEEDSHIFT DCT
  • Ferrari – Doppia Frizione
  • Nissan – DualTronic (GT-R )

 

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Cambio Ferrari Doppia Frizione (458 Italia)

 

 

9 rapporti per il futuro


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Cambio ISR Lamborghini Aventador

Chrysler nel 2013 sarà il primo costruttore ad utilizzare un evluto cambio automatico a ben 9 rapporti: denominato ZF 9 HP, il futuro cambio consentirà di abbassare notevolmente i consumi in vista delle nuove normative che entreranno in vigore nel 2016. Il nuovo ZF 9 HP si presenta come un classico ma molto evoluto cambio a corvertitore di coppia abbinato ad uno smorzatore torsionale ed  un’innovativa gestione del blocco convertitore, un cambio che permetterà al propulsore di “girare” sempre al regime opportuno.

Le innovazioni sicuramnete non mancheranno anche considerando l’evolversi delle soluzioni ibride. Cosa ci riserverà il futuro? I cambi manuali andranno nel dimenticatoio? … Non ci resta che aspettare !!!!

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